INTEGRAZIONE DELLA DISABILITA' nella SOCIETA'

L’integrazione è un diritto fondamentale

in Città educativa, di Stella Carfora | del 27/01/2011

  A proposito di iscrizioni: tutti gli alunni in situazione di handicap (anche grave) hanno diritto a frequentare le classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado (scuola materna, elementare, media e superiore) – art. 12 Legge 104/92. Si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo: la scuola non può rifiutare l’iscrizione e se lo fa commette un illecito penale. Il diritto all’integrazione è garantito anche per l’asilo nido e l’università (art. 12 Legge 104/92).

IL PRIMO DISTACCO! La scuola dell’infanzia è il primo grande distacco che bambine/i affrontano nella loro vita. Passano da una situazione sicura, il nucleo familiare dove si sentono protetti, a un ambiente dove si andranno a misurare con i pari, in cui si cimenteranno per la prima volta, in prima persona, con il problema della costruzione del proprio spazio vitale. Il confronto con gli altri li porterà a doversi confrontare con il mondo allargato, diverso da quello che era stato costruito per loro fino a quel momento.

La scuola base riveste, dunque, molta importanza nello sviluppo psicosociale di ogni bambino/a e rappresenta la prima vera prova di socializzazione a cui verrà sottoposto: dovrà imparare a contare solo sulle sue forze, senza il sostegno sicuro del contesto genitoriale. Ed è in questo processo evolutivo di crescita che i genitori devono essere in grado di NON TRASFERIRE le proprie ansie e i propri timori al bambino/a. Il passaggio dovrebbe avvenire serenamente, in modo tale che il confronto coi pari sia il più autonomo possibile, tale da permettergli di iniziare ad arricchire il bagaglio di esperienze positive per uno sviluppo emotivo sicuro e stabile. È importante che questo processo iniziale avvenga senza grandi fatiche emotive.
L’argomento non è facile e deve necessariamente prendere in considerazione anche alcuni aspetti a volte trascurati: i sentimenti delle famiglie, le sofferenze implicite connesse con la loro condizione. Per questo motivo, non voglio affrontare la questione attraverso un approccio puramente normativo, limitando tutto a un semplice e freddo elenco di articoli e di circolari, che pur è importante conoscere.

Vorrei condividere con i lettori le difficoltà che i genitori possono incontrare nel loro primo impatto con la realtà sociale. Si tratta di un evento importantissimo con cui il bimbo disabile deve necessariamente fare i conti. Il dolore è una variabile che si incunea prepotentemente nella relazione educativa e che deve essere affrontata e gestita in modo produttivo sul piano della conoscenza di sé e dell’altro.

Il vissuto del nucleo familiare porta spesso a delle situazioni di grandi difficoltà nel rapporto con la scuola. A volte i genitori sembrano assumere atteggiamenti di chiusura, ma in effetti tendono solo a difendersi. Dall’ altro lato anche l’insegnante rischia di percepire l’aspetto emotivo come un “peso” che può sbilanciare la relazione. Servono, quindi, alcuni strumenti di mediazione per costruire lo spazio relazionale, per accogliere la sofferenza e trasformarla in elemento di conoscenza.

I genitori si trasformano in risorsa quando sono coinvolti attivamente, ognuno singolarmente con la propria storia ed esperienza, nel progetto educativo individuale del proprio figlio/a. Solamente in questo modo, camminando insieme, si avrà una piena integrazione o sarebbe meglio dire: inclusione.

L’inclusione è un DIRITTO fondamentale ed è in relazione con il concetto di “appartenenza”. Le persone con o senza disabilità possono interagire alla pari. Un’educazione inclusiva permette alla scuola di essere riconosciuta come un’istituzione DI QUALITÀ.

Mi torna in mente una poesia di Danilo Dolci, una frase in particolare che riporto in maiuscolo fa comprendere, più di ogni parola, il concetto di inclusione/integrazione:

C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.

C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.

C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
CIASCUNO CRESCE SOLO SE SOGNATO.


Ogni bambino/a deve essere benvenuto, ogni bambino/a impara con i propri tempi e soprattutto può partecipare direttamente alle attività, così che tutti riescano a comprendere come le diversità costituiscano un arricchimento.

Attenzione, la prima difficoltà che possono incontrare i genitori è la scarsa informazione. È buona norma che i genitori si informino dell’esistenza di laboratori, di spazi in cui il bambino può essere messo in condizione di socializzare attraverso il gioco affinché prenda contatto con il mondo che lo circonda. Bambine/i hanno bisogno di vivere le attività e i luoghi di apprendimento (classe, laboratori, contesti sociali e famiglia) che devono funzionare come un circuito virtuoso aprendo delle possibilità di libertà e di crescita del bambino/a.

L’esperienza personale mi porta a sostenere con convinzione che i genitori debbano conoscere in anticipo le strategie educative specifiche che l’istituzione scolastica offre, e se queste rispondono effettivamente ai bisogni individuali espressi. Solo se si rispettano i bisogni individuali può essere effettivamente garantito il principio di uguaglianza del soggetto disabile, che si sentirà di appartenere alla comunità come soggetto umano e non come un “diverso”. Sono convinta che se la scuola, i docenti e i genitori saranno capaci di dialogare e mediare tra gli ostacoli, partendo dalla comprensione della storia individuale di ogni bambino, di sicuro si attiveranno percorsi di vera inclusione e piena integrazione umana e sociale!


 
L’accoglienza del bambino disabile nella scuola
Bozza della relazione dell’isp. Umberto Tenuta
Madame De Staell accoglieva nel suo salotto parigino le personalità più eminenti del mondo della cultura del suo tempo: le accoglieva per ascoltarle e farle ascoltare, riconoscendone il valore.
Anche la scuola dovrebbe presentarsi come un salotto, pardon, come una sala di accoglienza, direbbero oggi i bioarchitetti.
Accogliere (accolligere= radunare): mettere insieme, creare un contesto umano, un vivaio di relazioni umane, nella prospettiva della crescita personale di tutti coloro che ne fanno parte, che ne sono parte integrante (integrazione).
Accogliere gli alunni disabili significa, appunto, fare in modo che essi siano parte integrante del contesto scolastico, assieme agli altri alunni, alla pari degli altri alunni, senza discriminazione alcuna.
Al riguardo, appare opportuno evidenziare che l’integrazione, e quindi l’accoglienza, non riguarda solo gli alunni in situazione di handicap, ma tutti gli alunni, in quanto riconosciuti e valorizzati nella loro diversità, nella irripetibile, unica, singolare personalità che costituisce il valore di ogni persona umana.
La scuola non può non riconoscere tutti nella loro diversità, facendosi scuola per tutti, scuola su misura dei singoli alunni, quali che siano le loro possibilità formative, che nessuno può diagnosticare in termini assoluti, perentori, definitivi, né per l’alunno in situazione di handicap, né per gli altri alunni.
Pertanto, l’accoglienza non può essere intesa come benevolenza, generosità, filantropia, ma come riconoscimento del valore della persona del disabile che, come tutti gli altri bambini, va accolto per le sue possibilità, per i potenziali valori umani di cui è portatore.
In tale prospettiva, l’accoglienza si configura, non come un generico atteggiamento di disponibilità umana, di benignità, di degnazione, ma come impegno forte di conoscenza e di valorizzazione della realtà personale, umana, sociale, familiare di ogni alunno, e quindi anche del disabile.
Innanzitutto, la conoscenza.
L’accogliere è un riconoscere le persone (Benvenuta, Maria!), un prendere atto dei valori di cui essi sono portatori. E, quindi, un impegno di conoscenza.
Ma l’accoglienza degli alunni, compresi i bambini disabili, non si configura solo come riconoscimento dei valori potenziali di cui ciascuno è portatore, ma anche e soprattutto come impegno di promozione della loro formazione.
L’accoglienza non si esaurisce nei saluti, nelle strette di mano, negli abbracci e nei baci.
L’accoglienza vera, autentica, sostanziale è quella che si estrinseca nell’impegno di promozione dello sviluppo, della formazione, dell’educazione e dell’istruzione degli alunni.
Di tutti gli alunni, e non solo degli alunni in situazione di handicap.
Sia ben chiaro una volta per tutte che l’integrazione degli alunni in situazione di handicap deve significare il superamento della loro emarginazione. Essi non possono essere emarginati, anche se inseriti nella scuola comune, realizzando per loro, solo per loro, interventi specifici, differenziati, individualizzati.
L’integrazione degli alunni in situazione di handicap può essere realizzata solo in una scuola che si fa a misura di tutti gli alunni, perché tutti, non solo i disabili, sono diversi. La diversità è caratteristica peculiare dell’uomo. Il potenziale umano non riesce ad esprimersi in una sola cultura, in una sola lingua, in una sola attività umana, in una sola persona umana, ma ha bisogno delle diverse forme culturali, delle diverse lingue, delle diverse attività umane, dalla musica alla poesia, dalla pittura al teatro, dalla danza alla tecnologia, alla filosofia ecc.
E, perciò, la scuola non può offrire stimoli formativi uguali a tutti gli alunni, in quanto ciascun alunno ha le sue peculiari esigenze formative, i suoi ritmi ed i suoi stili di apprendimento.
La scuola è accogliente, quando si organizza a misura dei singoli alunni.
E, quindi, l’accoglienza comporta, non solo un atteggiamento di riconoscimento del valore dei singoli alunni, ma anche e soprattutto un impegno di promozione della loro formazione attraverso la realizzazione di un’organizzazione educativa e didattica personalizzata sia negli obiettivi che nei percorsi formativi.
Innanzitutto, è accogliente la scuola che non impone a tutti gli alunni le stesse mete formative.
L’educazione consiste nella promozione della formazione dell’uomo e del cittadino, che però si realizza, si deve sempre realizzare, nel rispetto delle identità personali, sociali e culturali dei singoli individui.
Ciascun alunno ha le sue esigenze formative, le sue disponibilità, le sue propensioni, le sue idiosincrasie personali: ogni essere umano è una realtà unica, irripetibile, singolare, che va riconosciuta, valorizzata, potenziata, anche tenendo presente che vive in una determinata cultura, in una determinata società, in una determinata realtà economica, dalle quali non può essere sradicato.
E quindi le mete formative debbono essere personalizzate.
In tale prospettiva, nella nuova scuola, nella scuola dell’autonomia, vi saranno obiettivi formativi nazionali, intesi alla formazione dell’uomo e del cittadino. Anche se tali obiettivi formativi sono sostanzialmente uguali per tutti gli alunni, essi saranno però sempre personalizzati, almeno nei livelli e nelle forme del loro conseguimento. Tutti gli alunni impareranno la lingua italiana, ma ciascuno la parlerà con le sue personali inflessioni.
Tuttavia, accanto a questi obiettivi, vi saranno anche altri obiettivi, gli obiettivi integrativi e gli obiettivi aggiuntivi, più specificamente mirati alla personalizzazione dei percorsi formativi dei singoli alunni.
Ma la personalizzazione educativa non riguarda solo gli obiettivi formativi.
Essa riguarda anche e soprattutto i percorsi formativi.
Dopo i saluti, l’accoglienza non può tradursi nell’offerta degli stessi stimoli formativi a tutti gli alunni, misconoscendo i loro diversificati livelli, stili e ritmi di apprendimento.
È accogliente la scuola che consente a ciascun alunno, non solo al disabile, di procedere secondo i suoi ritmi ed i suoi stili di apprendimento, muovendo dai suoi livelli di sviluppo.
Non è certamente accogliente la scuola della lezione frontale, per sua natura uguale per tutti gli alunni e come tale discriminante, emarginante per coloro che non riescono a seguirla.
L’ingresso degli alunni in situazione di handicap nella scuola della lezione frontale si è tradotta, di fatto, in una riedizione della loro emarginazione, nell’ambito dell’aula comune o negli appositi laboratori ("aule di sostegno").
Occorre evidenziare con forza che l’integrazione non può avvenire nell’ambito di un’organizzazione didattica uguale per tutti gli alunni, per sua natura selettiva, qual era quella della scuola tradizionale.
Come si afferma nel Documento Falcucci del 1975, Magna Charta dell’integrazione degli alunni in situazione di handicap - purtroppo non adeguatamente nota e tenuta presente -, l’integrazione degli alunni in situazione di handicap passa attraverso un nuovo modo di essere della scuola.
La scuola si pone come scuola che accoglie il disabile solo se si organizza a misura delle esigenze, dei ritmi e degli stili di apprendimento dei singoli alunni.
E questo la scuola può fare solo se, come ha insegnato in particolare la Montessori, si struttura in modo da rendere possibile l’individualizzazione dell’insegnamento per tutti gli alunni (1).
È accogliente la scuola che mette ciascun alunno nelle migliori condizioni per realizzare il pieno sviluppo delle sue potenzialità formative a cui ogni essere umano ha diritto (<<È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>).
Tuttavia, se l’accoglienza consiste nel riconoscimento del valore delle persone, ciò che importa è anche e soprattutto che le persone avvertano questo riconoscimento e si sentano aiutate nel loro impegno di autorealizzazione personale.
L’accoglienza si realizza solo quando le persone si sentono accolte, prese in considerazione, valorizzate.
E gli esseri umani si sentono valorizzati nella misura in cui avvertono di poter realizzare le loro potenzialità umane. Ogni essere umano aspira alla propria autorealizzazione.
Come si afferma nel Rapporto Faure, <<Ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>> (2).
Anche il disabile è destinato ad essere un successo.
Perché lo sia, la scuola lo deve accogliere, senza alcuna discriminazione, in un contesto educativo che sia a misura di ogni alunno, quali che siano le sue possibilità formative ed apprenditive.
Da trent’anni la scuola italiana sta affrontando questo problema, il problema dell’individualizzazione dell’insegnamento.
Non solo nel Documento Falcucci, ma anche nella Legge 517/1977 si afferma che l’integrazione degli alunni portatori di handicap deve avvenire nell’ambito di un’organizzazione educativa e didattica individualizzata.
Le specifiche indicazioni sull’individualizzazione dell’insegnamento contenute nei Programmi del 1979, del 1985 e del 1992 relativamente all’integrazione degli alunni portatori di handicap ribadiscono questa esigenza. Anche la Legge 104/1992 afferma che l’integrazione degli alunni portatori di handicap deve essere realizzata attraverso un’organizzazione didattica flessibile, anche a classi aperte.
Ma l’equivoco di fondo che si è creato è che l’individualizzazione dell’insegnamento riguardi solo gli alunni portatori di handicap.
È vero che i processi apprenditivi e formativi degli alunni portatori di handicap si possono realizzare solo attraverso percorsi individualizzati o personalizzati (PEI o PEP).
Ma occorre evidenziare a tutto spiano che se nella scuola si attuano, e giustamente, i percorsi formativi individualizzati solo per gli alunni portatori di handicap, in questo modo non si realizza l’accoglienza degli alunni portatori di handicap, non si attua la loro integrazione, perché si pratica un’ennesima, anche se più sottile, comuffata, subdola emarginazione.
Gli alunni portatori di handicap non vengono accolti, ma vengono emarginati ogniqualvolta vengono trattati in modo diverso dagli altri.
E ciò che è particolarmente dannoso è che i bambini disabili, come ogni altra persona, avvertono questa discriminazione, anche quando le attenzioni nei loro confronti sono maggiori rispetto a quelle riservata agli altri alunni. La discriminazione, anche se positiva, rimane discriminazione.
Il che non significa che gli interventi formativi a favore degli alunni portatori di handicap non debbano essere differenziati, individualizzati, personalizzati.
Il grande salto di qualità che la scuola deve realizzare è consiste nella realizzazione di un’organizzazione educativa e didattica che sia differenziata, individualizzata, personalizzata per tutti gli alunni, e non soltanto per determinate categorie, quali gli alunni portatori di handicap.
Per due motivi: non solo perché l’accoglienza degli alunni portatori di handicap non sia diversa da quella degli altri alunni e perciò discriminante ed emarginante, ma anche e soprattutto perché tutti gli alunni hanno bisogno di percorsi didattici personalizzati.
Era questo il significato del primo comma degli articoli 2 e 7 della Legge 517/1977 e dell’art.14 della Legge 104/1992, nei quali si prevedeva un’organizzazione didattica individualizzata per tutti gli alunni, nell’ambito della quale si attuava l’integrazione degli alunni portatori di handicap.
È questa la prospettiva della scuola dell’autonomia che si intravede.
L’augurio è che questa prospettiva sia non solo delineata ma anche realizzata nella concreta organizzazione educativa e didattica di tutte le scuole.
Ci sono tutte le condizioni perché ciò si verifichi, soprattutto in un momento in cui la scuola parallela delle tecnologie multimediali si pone su questa strada.
Ma forse è opportuno essere vigili e portare avanti con forza questo discorso, se si vuole che i bambini disabili siano accolti nella scuola, alla pari degli altri bambini, secondo i principi non solo della filantropia, ma anche della Carta costituzionale (<<Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali>>).
L’accoglienza dei bambini disabili non è solo un atto di umana generosità, ma anche e soprattutto un dovere al quale nessuno è consentito sottrarsi.
Certamente, sarà meglio se da tutti sarà avvertito, insieme, come un obbligo morale e come un sentimento di profonda fraternità.




                   La qualità dell'integrazione scolastica
Indire a Handimatica per discutere di disabilità e inclusione a scuola
di Antonella Turchi
26 Novembre 2006
Il ruolo e l’importanza che le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione hanno acquisito per l’inserimento scolastico degli alunni disabili hanno portato ormai da anni alla creazione nel sito Indire di uno “spazio” permanente dedicato a questa tematica, denominato Handitecno. In questo ambiente virtuale, esperti e utenti (insegnanti e genitori di alunni disabili, operatori, studenti essi stessi con bisogni educativi speciali) hanno potuto, fra l’altro, incontrarsi e confrontarsi su problematiche didattiche; hanno potuto scambiarsi informazioni sui nuovi prodotti disponibili, sui centri di consulenza e sui distributori di software; hanno inoltre potutoricevere consulenze “ad personam”.

In tale ambiente stanno confluendo, poi, diverse iniziative legate al progetto “Nuove tecnologie e disabilità”, promosso dalla Direzione Generale per lo Studente del
MPI. Le finalità principali di questo progetto non sono quelle di "aggiungere" nuove attività ad attività già esistenti o nuove strutture a quelle già preposte, ma, piuttosto, valorizzare quanto si sta già facendo e renderlo disponibile in maniera diffusa.

In modo particolare, all’interno di questo progetto e all’interno dell’ambiente Handitecno, Indire ha il compito di reperire e rendere disponibili per le scuole e per tutti i docenti le migliori pratiche esistenti relative all’inserimento degli alunni diversamente abili. In questo senso, Indire ha coinvolto quasi 500 scuole nel
bando di concorso Tecno-inclusion, volto a creare una banca dati che presto raccoglierà le esperienze scolastiche più innovative relative all'utilizzo delle nuove tecnologie a supporto dell'integrazione degli alunni disabili. Il nostro Istituto è stato anche incaricato di realizzare una formazione specifica per gli operatori dei Centri di Supporto Territoriale (Formarete), in modo da metterli in grado di diffondere conoscenze e consulenza ai docenti sull’uso delle tecnologie multimediali per l’inserimento scolastico degli alunni disabili.

Infine, all’interno di Puntoedu, Indire ha predisposto un apposito ambiente di formazione nazionale (
Puntoedu Dislessia) dedicato agli interventi specifici per gli alunni con dislessia, coinvolgendo nel progetto i maggiori esperti del settore. Si tratta di un'iniziativa, rivolta ai docenti referenti per la dislessia di ogni ordine e grado di scuola, che si pone l'obiettivo di creare figure di sistema capaci di svolgere un ruolo strategico rispetto a richieste di counseling interne alla scuola, promozione di azioni di formazione e aggiornamento e comunicazione tra scuola, famiglia, Uffici Scolastici Regionali e servizi sanitari.

Per presentare le azioni intraprese, Indire sarà presente a 
Handimatica (Fiera di Bologna, dal 30 novembre al 2 dicembre) con un proprio stand nel Foyer Italia. Ma l'interesse dell'Istituto per queste tematiche verrà approfondito anche nel corso del seminario "Accessibilità degli strumenti didattici e formativi come fattore di inclusione e di qualità" che si terrà giovedì 30 novembre a partire dalle ore 14.15. All'incontro interverrà il direttore di Indire Giovanni Biondi che contribuirà ad approfondire il tema dell'integrazione sociale e scolastica in un confronto a più voci con varie personalità della politica e tanti esperti del settore: da Letizia De Torre (Sottosegretario del Ministero dell’Istruzione) a Flavio Fogarolo (Ufficio Scolastico provinciale di Vicenza), da Cristina Mussinelli (Associazione Italiana Editori) a Paolo De Santis (Direzione Generale per i Sistemi Informativi del Ministero della Pubblica Istruzione).
L’intervento del direttore di Indire metterà in luce le azioni intraprese per sostenere la qualità dell’integrazione scolastica degli alunni disabili attraverso le tecnologie multimediali, unitamente all’importanza di intervenire in modo strutturale sui fattori di criticità che condizionano l’utilizzo corretto e diffuso delle tecnologie stesse. Giovanni Biondi sottolineerà come tutte le azioni intraprese da Indire si pongano infatti come obiettivo finale quello di costituire un ambiente di riferimento stabile e una rete permanente che consentano di fornire supporto alle scuole in termini di hardware e software, consulenza e formazione.

Tutti gli eventi che si terranno nella Sala Europa della Fiera di Bologna saranno filmati per consentire la diretta web, che potrà essere utilizzata da chi non può intervenire di persona al convegno. Collegandosi con il sito
www.handimatica.it si potrà "assistere" in diretta ai seminari e si potrà selezionare anche il tipo di trasmissione desiderata (diretta audio video, interpretariato LIS, sottotitolazione).




      Disabilità: dai numeri... alla realtà!

in Community di Stella Carfora | del 07/02/2011

 
Parlare di dati statistici non è semplice, specie se questi devono servire a dare un quadro realistico su alcuni nodi problematici connessi con il rispetto delle norme per l’integrazione degli alunni con disabilità, e la sua reale ed effettiva applicazione su tutto il territorio nazionale, negli ambienti scolastici.


L’Istat diffonde i primi risultati dell’indagine sugli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di I grado, statali e non statali, relativa agli anni scolastici 2008/2009 e 2009/2010. L’immagine che rileva è quella di una realtà disomogenea sul territorio nazionale, ed è desolante che a distanza di anni e numerose leggi (ne cito solo alcune che ritengo importanti: Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996 n. 503, abbattimento barriere architettoniche, Legge 5 febbraio 1992, n. 104: Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) siamo ancora lontani dall’aver pienamente applicato l’integrazione nelle scuole, come si evince dagli ultimi dati statistici rilevati.

“Gli alunni con disabilità presenti nella scuola dell’obbligo nell’anno scolastico 2009/2010 sono poco più di 130 mila; di questi, circa 73 mila sono studenti della scuola primaria e circa 59 mila della scuola secondaria di I grado. In entrambi gli ordini scolastici le alunne con disabilità rappresentano solo un terzo della popolazione (nella scuola primaria sono 32,6% e nella scuola secondaria il 37,3% degli alunni con disabilità). Nella scuola primaria la popolazione scolastica con disabilità ha un’età media intorno ai 9,7 anni e ben il 33% degli alunni frequentanti ha un’età superiore ai 10 anni. Nella scuola secondaria di I grado l’età media della popolazione con disabilità è pari a 13,5 anni, con una percentuale di alunni con età superiore ai 15 anni pari al 20%. Questi dati evidenziano un elevato livello di ripetenza nella popolazione con disabilità, fenomeno negativo in quanto, in alcuni casi, testimonia un semplice prolungamento nel tempo del progetto riabilitativo dell’alunno con disabilità, soprattutto in mancanza di servizi territoriali capaci di prendere in carico tali persone.” (Fonte: Istat. Testo integrale: http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20110119_00/)

Il quadro che emerge dai dati in questione è di una profonda disuguaglianza tra le strutture scolastiche e il personale qualificato per il superamento dell’ handicap, con conseguenze dirette sulla piena integrazione degli alunni con disabilità. Si evincono differenze sostanziali tra nord, centro e sud.

Al centro-sud si rileva un’alta percentuale di alunni con disabilità multiple, prevalentemente caratterizzate da difficoltà motorie. Ne consegue che le istituzioni preposte all’adeguamento delle strutture scolastiche per il superamento delle barriere architettoniche dovrebbero dimostrarsi particolarmente attive.

Il dato fa emergere con chiarezza che nel mezzogiorno c’è una maggiore complessità di bisogni espressi dalla popolazione scolastica con disabilità, rispetto a quella del resto della penisola. Dal trasporto scolastico all’insegnante di sostegno, alla figura dell’assistente materiale, e/o all’educatore culturale che possa mediare i conflitti che sorgono tra i diversi attori della componente scolastica.

Come ben sappiamo esiste un’elevata difficoltà per adeguare le strutture e consentire un’accessibilità completa agli alunni che presentano disabilità motorie, perché molti edifici scolastici sono nati con altre destinazioni d’uso e sono stati adibiti “di fatto” a scuole. Anche la loro ubicazione, all’interno dei centri urbani, contribuisce a rendere questi edifici ancora meno accessibili dal punto di vista pratico. E per concludere, non dobbiamo dimenticare che gli enti gestori soffrono di una cronica carenza di fondi specifici.

Se poi diamo uno sguardo ai numeri per l’offerta integrata di servizi, in termini di strumenti, persone e mezzi, che le scuole statali, non statali e gli enti locali mettono in campo al fine di rispondere ai bisogni della popolazione scolastica con disabilità, siamo sempre a livelli nettamente inferiori rispetto al nord.

Inoltre, per quanto attiene alle figure professionali qualificate (assistenti educativi culturali) o docenti di sostegno siamo lontani dal poter dire che ci sia una reale corrispondenza tra istanze sociali e bisogni espressi.

Insomma, i numeri rappresentano con estrema chiarezza le problematiche vissute quotidianamente da migliaia di genitori e tendono a mettere in evidenza, ancora una volta, che il tasso di integrazione aumenta o diminuisce a seconda delle aree geografiche di residenza. Ciò sta a significare che se si ha la fortuna di nascere in alcune regioni, vengono riconosciuti ai propri figli i diritti costituzionalmente riconosciuti a tutti i cittadini, in caso contrario...